Immagina di sederti a tavola dopo una lunga notte di digiuno.
Davanti a te, lo stesso piatto di sempre: pasta, un po’ di pane, pollo alla griglia e verdure.
Ora immagina che qualcuno ti dica che non è tanto cosa mangi, ma in che ordine lo fai.
Sembra un dettaglio da poco, e invece potrebbe fare una grande differenza, soprattutto per chi convive con il diabete di tipo 2.
È proprio da questa curiosità che è partito un gruppo di ricercatori del Weill Cornell Medical College di New York.
Già sapevano che alcune proteine, prese prima del pasto attenuano, l’impennata della glicemia, ma si sono chiesti: “E se fosse l’intera sequenza del pasto a contare?”
Per capirlo hanno coinvolto 11 persone sovrappeso od obese, tutte con diabete di tipo 2.
A ognuno è stato chiesto di fare la stessa colazione in due giorni diversi.
Niente trucchi e niente cambi di menù: solo una piccola variazione, quasi impercettibile.
Nel primo giorno, via ai carboidrati per primi: pane ciabatta e succo d’arancia, poi, quindici minuti dopo, proteine e verdure.
Nel secondo giorno, l’esatto contrario: prima l’insalata e il pollo, infine il pane e il succo.
Quello che è emerso è stata una vera sorpresa.
Quando i carboidrati venivano aggiunto solo alla fine, la glicemia dei partecipanti rimaneva molto più stabile.
Dopo mezz’ora, saliva quasi un terzo in meno rispetto al giorno in cui i carboidrati erano stati consumati per primi.
Dopo un’ora, la differenza diventava ancora più evidente.
E perfino dopo due ore, il picco era più contenuto.
Nello specifico, i livelli di glucosio post-pasto sono diminuiti del 28,6%, del 36,7% e del 16,8% dopo 30, 60 e 120 minuti
Anche l’insulina seguiva lo stesso andamento più gentile.
Gli scienziati, abituati a vedere cambiamenti lenti e graduali, si sono trovati davanti a numeri che ricordavano l’effetto di alcuni farmaci pensati proprio per controllare lo zucchero dopo i pasti.
E hanno ipotizzato che questa semplice strategia possa persino aiutare a migliorare la sensibilità all’insulina.

La parte più affascinante di tutto questo è che non si tratta di rinunce, né di contare grammi o calorie, come da sempre sosteniamo in SAUTÓN.
È un cambio di ritmo, un diverso modo di far entrare in scena i piatti: proteine per prime, verdure e grassi per secondi e solo alla fine i carboidrati.
Una piccola inversione che potrebbe diventare un gesto quotidiano, facile da adottare, specie per chi ha o è a rischio di diabete, potenzialmente molto prezioso.
Il pre-diabete è una condizione molto più diffusa di quanto si pensi: a livello globale, il diabete di tipo 2 riguarda già 463 milioni di persone e si prevede che questo numero salirà a 700 milioni entro il 2045.
Prima ancora di arrivare alla diagnosi di diabete, milioni di persone vivono in una zona grigia: il pre-diabete e la maggior parte non ne è nemmeno consapevole.
Condizione che aumenta in modo significativo il rischio di diabete, malattie cardiache e ictus.
Uno studio pubblicato sulla rivista Diabetes, Obesity & Metabolism ha esplorato come l’ordine in cui mangiamo gli alimenti influenzi la risposta glicemica nel prediabete.
I ricercatori hanno reclutato 15 persone con prediabete e le hanno invitate a consumare lo stesso identico pasto per tre volte, in giorni diversi, variando soltanto la sequenza dei cibi.
Le tre modalità testate erano:
I risultati sono stati sorprendenti: quando proteine e verdure venivano consumate prima dei carboidrati, il carico glicemico totale del pasto si riduceva del 38% rispetto alla sequenza tradizionale.
Non solo: i picchi glicemici, quelli più critici per il metabolismo, erano ridotti di oltre il 40% nei pasti in cui venivano consumate per prima le proteine o le verdure, rispetto allo scenario in cui si iniziava dai carboidrati.
In sintesi, gli autori dello studio hanno osservato come il pasto “classico” con i carboidrati all’inizio, mostrava una glicemia molto più variabile e instabile, mentre le altre due modalità garantivano un andamento più uniforme.
Avere il 40% in meno di glucosio, significa che:
Gli studiosi hanno testato anche la reazione all’inserimento dei carboidrati alla fine del pasto, in bambini affetti da diabete di tipo 1.
Sono stati inclusi nello studio 20 pazienti con diabete di tipo 1 di età compresa tra i 7 e i 17 anni che hanno consumato due pasti in modalità distinte.
Una modalità prevedeva prima il consumo di proteine e grassi e a seguire, dopo 10 minuti, i carboidrati.
L’altra modalità prevedeva il consumo di proteine, grassi e carboidrati come piatto unico.
Ciò che è emerso è che i livelli medi di glucosio erano inferiori di 1 mmol/L quando i carboidrati venivano consumati per ultimi rispetto al pasto tipico.
Anche in questo caso una semplice e piccola abitudine può aiutare a usare meno insulina e a ridurre il peso corporeo.

Ciò che mangi non è l’unico fattore che influisce sulla tua salute.
Anche quando lo mangi, a che ora, ha un risvolto cruciale per il tuo metabolismo.
Il ritmo dei tuoi pasti è infatti una delle più potenti strategie di salute che esistano.
Se mangi a tutte le ore, e fai sempre pasti e spuntini, diventi vittima della costante insulina in circolo e accumuli sempre (grasso, gonfiore, tossine e chili in più), senza che arrivi mai il momento di spendere.
C’è però un segreto per invertire la rotta.
Restringi le ore in cui mangi in una finestra di 8-9 ore, creando così delle pause per il corpo.
In uno studio, gli scienziati hanno preso in esame 15 uomini a rischio di diabete di tipo 2.
Hanno limitato il loro consumo di cibo a una finestra di nove ore ed hanno osservato come abbiano abbassato il loro glucosio medio a digiuno, indipendentemente dal momento in cui iniziava la loro “finestra alimentare”.
Perché ridurre la finestra delle calorie può abbassare insulina e glicemia?
Digiunare non significa “fare la fame” ma, distribuire in maniera diversa i pasti nel corso della giornata, riducendo l’intervallo di ore in cui si mangia e aumentando invece il numero di ore in cui non si consumano cibi solidi.
In pratica, il digiuno ti allena a fare ciò che il tuo corpo è progettato per fare nel suo libretto di istruzioni: alternare i momenti in cui vive incamerando energia dall’esterno (e quindi “accumula”), con i momenti in cui consuma l’energia accumulata all’interno (e quindi “spende ed elimina”).
Una revisione del 2022 ha anche sottolineato molti dei benefici nel restringere il tempo in cui mangi (TRE), per la prevenzione del diabete di tipo 2, rivelando che:
Il digiuno intermittente, soprattutto serale, pareggia i conti, ti aiuta a spendere ed è il più efficace detox a costo zero.
Inoltre è uno dei più potenti strumenti di rigenerazione cellulare (e quindi di prevenzione per tutte le malattie autoimmuni e degenerative) per 3 motivi specifici:
Perché mangiare i carboidrati per ultimi?
Come fare?
Per chi è utile?
Invertire l’ordine dei pasti e praticare il digiuno intermittente, due azioni alla base della tua salute, nonché da sempre, due dei pilastri fondamentali del metodo, SAUTÓN che ora trovi racchiusi in Chetogenica Facile.
Fonti:
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