La dieta dei gruppi sanguigni o emodieta, come viene chiamata, è uno degli approcci salutari forse più famosi.
Quando ti occupi di salute, prima o poi ne senti parlare.
Lo scopritore si chiamava James D’Adamo, un medico naturopata che, addirittura nel 1957, facendo ricerche, scoprì che i pazienti con diversi gruppi sanguigni avevano reazioni particolari e differenti ai diversi alimenti.
Ne ricavò l’ipotesi che la reazione diversa fosse legata ad un’esigenza biologica differente, così cominciò a fare delle sperimentazioni con piani alimentari specifici per ogni gruppo sanguigno e scrisse un primo libro.
Il figlio Peter, medico naturopata anche lui, ha continuato le ricerche del padre, ha approfondito l’argomento catalogando le diverse malattie sempre in rapporto ai gruppi sanguigni.
A Peter D’Adamo si deve soprattutto l’individuazione delle “lectine”, speciali proteine agglutinanti presenti nel cibo e in grado di iper-stimolare il sistema immunitario, creando piccoli grumi nel sangue a volte facili da espellere, altre volte no.
La scoperta è stata che queste sostanze reagivano in modo diverso ai differenti antigeni presenti nei vari gruppi sanguigni e che era possibile effettuare una catalogazione interessante.
Se la reazione era “negativa”, quello che si creava nella persona era una forte “infiammazione” che apriva le porte a malessere e malattia.
Nel 1996 è stato scritto il primo libro “Eat Right 4 Your Type”, che è diventato un bestseller internazionale (7 milioni di copie e tradotto in 50 paesi).
Chiunque si è occupato di alimentazione sana ha, prima o poi, studiato questo approccio.
Però nel tempo questo approccio ha iniziato a mostrare degli evidenti limiti al dott. D’Adamo stesso, che infatti ha iniziato nel tempo ad aggiustare il tiro.
Questi sono i limiti principali della dieta dei gruppi sanguigni:
E questo è anche testimoniato dall’evoluzione che gli studi dello stesso D’Adamo hanno subito.
Nel 2007 ha iniziato a parlare di Genotipi (6 diverse possibilità moltiplicate per i 4 gruppi, quindi 24 variabili invece che 4), più dei semplici gruppi sanguigni ma ancora poche per la complessità del genoma umano.
L’altra grandissima novità degli studi più recenti è il tentativo di prevedere un’evoluzione nelle tendenze che, invece di essere fisse e immutabili, con il genotipo diventano indicazioni alimentari provvisorie che, una volta applicate e seguite per un po’ di tempo, puoi correggere e poi rallentare o abbandonare.
Io lo chiamo il “primo approccio”, che ti da un’introduzione, che ti fa capire che non siamo tutti uguali e che per primo ha parlato di infiammazione, argomento che poi gli scienziati moderni hanno molto approfondito.
Una visione preziosa ma che non esaurisce l’argomento, mette sul tavolo tanti problemi interessanti ma va poi ampliata e superata con una visione che vada davvero a comprendere come funzioniamo, quindi tutti i sistemi del corpo, la digestione, il metabolismo.
Poi, che vada a comprendere cosa sta accadendo oggi e quindi l’emergenza infiammazione e quindi l’invecchiamento globale.
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